Pasquale Borea, ieri docente a contratto salernitano, oggi il più giovane preside di facoltà al mondo

Laureato in giurisprudenza, dottore di ricerca e assistente all’università degli studi di Salerno e Roma, con le soddisfazioni economiche tipiche di un governo che dequalifica un merito, nel 2014 viene eletto preside della facoltà di legge in Bahrein.  Borea, dopo aver vinto un bando per Professore Associato in Bahrein inizia a insegnare diritto internazionale alla Royal University for Women del Bahrein, l’unica università femminile del paese, istituzione d’élite del mondo arabo. Poi arriva l’elezione a Preside di Facoltà, basata sulla valutazione della performance accademica, quale record al mondo.

Promozione a trentatré anni, la stessa età che l’Italia considera illusoriamente un soggetto “giovane” per simulare il fallimento della società che non riesce a rispondere alle esigenze di un cittadino che vorrebbe costruire il suo futuro.

Eppure, le tesi hegeliana secondo cui solo nello Stato si è e si può essere davvero liberi, si elide pienamente nella memoria/consapevolezza italiana. La libertà si realizza nella possibilità di scelta. La scelta ormai espunta dal vocabolario politico.

 

Grazie alla sua disponibilità che ci ha concesso l’intervista, questa diventa  la testimonianza dell’aderenza al territorio che lo ha visto crescere ma, forse, soprattutto, l’ espediente per far emergere dal suo successo personale l’amarezza dell’immobile, illo tempore,  bel paese.

1.      Chi è Pasquale Borea?

Una persona che non ha mai smesso di formarsi e di mettersi in gioco, infinitamente grata ai suoi maestri e a quanti gli hanno concesso il privilegio di poter essere all’altezza di certe sfide, con l’umiltà di chi a 33 anni ha ancora moltissimo da imparare.

 

  1. 2. Il suo percorso di studi è iniziato con un progetto, forse diverso da quello realizzato, quale?

Ho cominciato a studiare legge respirando diritto in una famiglia di avvocati. A ciò si è affiancato l’interesse per il diritto internazionale e lo studio di tre lingue straniere. Una serie di skills che hanno nel complesso arricchito le mie competenze. La professione di avvocato ha arricchito la mia capacità oratoria e il problem solving, lo studio delle lingue mi ha permesso di accedere a esperienze internazionali, la metodologia della ricerca scientifica mi ha consentito di pubblicare. Tutte queste esperienze hanno contribuito a farmi diventare quello che sono oggi.

  1. Cosa significa trovare riscontro per le proprie qualità a migliaia di km di distanza dal proprio paese?

 Sono felice e onorato, lo sarei stato allo stesso modo in Italia o in qualsiasi altro paese a condizione di avere la possibilità di dimostrare quello che valgo e di misurare la qualità del mio lavoro. Non credo sia un problema di “paese” quanto di “sistema”.

  1. 4. Il regno del Bahrein, مملكة البحرين, termine che dal Corano significa “terra dei due mari”, monarchia costituzionale riesce, quindi, a essere più meritocratico di una repubblica parlamentare che cristallizza i suoi principi nella Carta Costituzionale?

Non credo che la differenza nella forma di governo sia essenziale. Il problema è il metodo. Io ho superato un concorso internazionale, successivamente mi è stato affidato un incarico di direzione di una facoltà in aggiunta alla docenza. Mi vengono richiesti risultati altrimenti il mio contratto non è rinnovato. Qui contano gli obiettivi che riesci a raggiungere in un dato periodo di tempo, se hai l’energia e la creatività dei 30 anni ciò è un titolo di merito non di demerito. Nei contratti a termine il merito è più facilmente garantito: se produci vai avanti, in caso contrario vai a casa. Questo stimola competitività e produttività.

  1. 5. A distanza, quando ascolta le notizie, cosa pensa? 

Mi rattristo, vedo molti coetanei rassegnati, scoraggiati. Ci sono delle evidenti responsabilità nell’incapacità di offrire migliori opportunità alla nostra generazione. Le opportunità ci sono, certo non sono più sotto il portone di casa. Io ho fatto una scelta, ma lei pensa che sia stato facile trasferirsi in un contesto completamente diverso? Chi governa il paese dovrebbe urgentemente fare una riflessione seria e chiedersi quali siano le misure più opportune per evitare che l’Italia rimanga  completamente priva dei suoi giovani, prima che sia troppo tardi.

  1. Ritornerebbe in Italia?

Amo l’Italia, sarebbe una grande gioia rientrare. Tuttavia non credo ci siano a oggi le condizioni e non parlo, ovviamente, solo di condizioni economiche. Tornerei  in un sistema universitario  rinnovato, con dinamiche che puntano alla crescita, all’innovazione, all’internazionalizzazione.

  1. Come sintetizzerebbe i progetti che potrebbe proporre in Italia sulla scorta della sua esperienza per uscire da questa depressione oltre che economica, morale e sociale?

Mi limito al mio settore. Insegno in una Università in un paese arabo che ha successo perché offre corsi in lingua inglese e segue gli standards internazionali in termini di valutazione dell’offerta formativa, il che offre allo studente la possibilità di utilizzare le conoscenze anche all’estero. Tutto ciò negli atenei italiani è presente in misura limitatissima, e ciò rende poco appetibili le università italiane che continuano a formare studenti eccellenti, ma frattempo il mondo è cambiato. Vedo qui molti atenei europei che propongono l’offerta di programmi in inglese, sono attrezzati, con rappresentanti che parlano un inglese impeccabile e presentano programmi validi. Penso alle immense potenzialità che alcuni atenei italiani avrebbero se solo cambiassero la loro strategia rispetto alla dimensione internazionale.

  1. 8. Questa scelta ha inciso inevitabilmente sulla sua vita personale. Il mondo arabo non è certo simile a quello italiano, da ciò, per i suoi figli sceglie la continua proiezione alla realtà internazionale o, piuttosto, l’integrazione locale tesa a far assorbire aspetti di questa cultura che vivono giorno per giorno?

Sono grato a mia moglie per il supporto e per la condivisione di questa scelta, tutt’altro che facile, soprattutto per lei. Nostro figlio è nato in Bahrain, frequenterà presto un asilo bilingue inglese-arabo, con i genitori che gli parlano in italiano. Credo che le due dimensioni internazionale e locale siano perfettamente conciliabili e immagino che arricchiranno la sua personalità, nell’attesa di un rientro in Italia che spero possa non essere troppo lontano. Come si dice da queste parti…Inshallah!

Maria Rosaria Cardenuto

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