I veicoli della comunicazione si moltiplicano sempre di più. Il ventaglio di questi mezzi spazia dall’unilateralità ( tivù) alla plurilateralità( on- line). Questi termini designano le facoltà e le possibilità in capo agli utenti di fronte alla fruizione dell’emesso.
La linea di demarcazione ideale è tracciata dal riverbero umano. Dove nel primo è pseudo-infertile, o comunque, di difficile constatazione immediata, o piuttosto in previsione ipotetica, mentre nell’altro tutto ciò che è generato si pone fintamente in antitesi.
Il punto nevralgico della diversità delle dinamiche, specularmente dell’esclusività, converge verso una maggiore o minore umanità. Potrebbe apparire contraddittorio, o non congruo, alle spinte evoluzionistiche dei canali di rapporto, nel caso in cui ci si dovesse rivolgere al moderno sistema, quale frutto dell’avanzato lavoro tecnologico con una punta critica.
La moltitudine di persone si rapporta virtualmente oggigiorno , dai social – network più in voga ai siti di interesse personale, a quelli da cui si attinge informazione alternativa e meno oscurantista, avendo, in questo modo, la possibilità istantaneamente di essere in posizione dialogica, anche senza conoscersi, e non essendo nello stesso luogo. Questo non scevro però e da fraintendimenti e da una non comprensione in toto, questo accade spesso senza la minima conoscenza dei rispettivi background e senza fabbriche ideali a lungo termine.
Lo specchio linguistico atto a sintetizzare il quadro è il paradosso che: la numerosità si sostanzia nella poca umanità , mentre il numero esiguo in una maggiore ed edificante umanità.
Neruda recita:” la parola è un’ala del silenzio”. Il silenzio rotto non solo dal proferire ma dall’ascoltare ,capire e costruire. Altrimenti sarebbe un’ala spezzata , che non può prendere il volo, che si agita forte senza alzarsi da terra, dove l’unico rumore che si propaga è il frullo. Così come, metaforicamente, quando si intavola un discorso non inteso nella sua vera essenza, o che non crea né assenso né dissenso si sostanzia solo in parole pronunciate o scritte fine a sé stesse.
Il vessillo issato è il parallelismo, con le necessarie sfumature e contestualizzazioni, del telefono e della chat.
Il primo, quale invenzione di Meucci, ha conosciuto diverse fasi ed usi. Dalla telefonata rara, quale lusso per l’élite, al possesso indiscriminato degli apparecchi da bambini ed adulti. Proprio questo incalzare è stata la piattaforma degli imprenditori che nel libero mercato, ergo nella libera concorrenza, hanno finito con il generare tanti meccanismi, tali, spesso, da inciamparvi reciprocamente. Quello che crea, definendolo pomposamente un rapporto “sentimentale”, tuttavia non vicini come in chat, è il sentire la voce , il tono, l’estemporaneità di una risposta, di un’idea, di un sospiro, ma soprattutto l’esclusività della comunicazione. Verbalmente non si possono instaurare diversi discorsi, cioè diramare la propria attenzione verso più soggetti senza produrre confusione, o senza che si abbia inevitabilmente la scelta di un soggetto piuttosto che di un altro. Le uniche distrazioni potrebbero essere quelle motorie.
Mentre la virtualità, dal canto suo, ha offuscato l’elezione umana. Si è trasformato nel motore dell’assenza dell’alea empatica e del poco esercizio della sensibilità. Poco perché solo chi è realmente intenzionato a carpire, pone attenzione anche alla più piccola virgola, punto ovverosia tutto ciò che potrebbe esser foriero di uno stato d’animo, dovendo necessariamente sopperire all’inascoltato. Si traghetta con una zattera piena di anime, dove si rischia la non cura di diverse o, addirittura, la perdita di qualcuna lungo la rotta.
Il dominio filantropico della comunicazione, da questa pindarica disamina , è stata attribuita, quindi, alla telefonata.
Quasi a ricordare lo spot tormentone degli anni ’80 della Sip (ora Telecom Italia) dove la protagonista, un’adolescente innamorata sciorinava frasi da tipica innamorata :ma mi ami? ma quanto mi ami ? E mi pensi?e quanto mi pensi? Oppure il condannato a morte che dinanzi al plotone di esecuzione chiede di poter fare una telefonata , il quale per procrastinare la partenza per l’ultimo viaggio, forzato ed innaturale, chiacchiera pretestuosamente.
Ora invece riproponendo la stessa pubblicità, ma con il mezzo usato per la comparazione cosa si chiederebbe? Ad esempio di poter scrivere su facebook : <<è arrivato il momento, sto per essere
giustiziato!Addio. >>.
Potrebbe apparire una boutade, ma in realtà non è stato una condanna a morte ma l’annuncio e l’attuazione di un suicidio. La frase scelta dal quindicenne Carlo D’Urzo, napoletano, è stata :<<Meno uno: sto arrivando all’aldilà>>. A trovare il corpo del ragazzo è stato il padre. Impiccatosi con una cintura nella sua camera. E’ regnata l’incuria da parte dei suoi amici di facebook per le frasi del ragazzo. Da tre giorni scriveva messaggi subliminali di inquietudine, disagio ed intenso turbamento.
Benché il futuro potrà offrire gli escamotage di diffusione più disparati, utili, sofisticati ed efficienti, la penna autoritaria di Coelho esplicita questo concetto semplice ed icastico, contraddistinto da quell’ovvietà che conosce solo giudizi ideali e non, troppo spesso, la fattualità:
“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo , ma niente assolutamente niente sostituisce lo sguardo dell’essere umano. Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace ,egli continua a essere tuo amico .Qualunque azione motivate dal furore è azione condannata al fallimento”.
MARIA ROSARIA CARDENUTO
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