“La difficoltà maggiore è accettare che questa è proprio la mia realtà, che non posso scappare. Viviamo in tempi nei quali avvocati e terapeuti lavorano per assistere le coppie in procinto di separazione. Ma chi può aiutare due che si amano, di cui uno è vivo e l’altro no? Sono innamorata di mio marito e lui non c’è più. Girassi il mondo non lo rivedrò più. Non sentirò più il calore delle sue mani, non ascolterò la sua voce, il suo respiro. Quando mi capita qualcosa ho l’istinto immediato di parlarne con lui, e lui non c’è. È una malinconia avvolgente. In certi giorni mi abbraccia forte fino a togliermi il respiro, in altri allenta la sua morsa e allora m’illudo di poter riattaccare i cocci, ma la frantumaglia rimane sul pavimento delle mie stanze. Ogni sera il mio cuore si preparava ad accoglierlo. Adesso apro la porta alla sua assenza che entra in casa, si siede accanto a noi, la sua famiglia, e comincia a parlare. E noi non possiamo fare altro che stare ad ascoltare. Qualcuno ha decretato la fine della nostra famiglia senza un perché”.
E’ un passo del libro “I giorni dell’assenza” scritto da Rosanna di Crosta, la vedova dell’assessore di Villaricca, Roberto Landi.
Il marito, assessore comunale e dirigente di un centro diagnostico di una cittadina della provincia di Napoli, ucciso perché resosi conto di essere vittima di una truffa ha cercato di evitarla e di sventare il sistema malavitoso, ormai, innescato. L’episodio di cronaca del 2009, tristemente noto, ha anche avuto il suo epilogo giudiziario con la condanna dei suoi assassini. Tutto nasce dalla decisione di Roberto Landi di acquistare un immobile, così all’ intermediario incaricato dà la caparra confirmatoria di circa duecentomila euro. Quell’ uomo è Ciro Pianese, imprenditore e boss. E’ lui ad assoldare un killer, Vincenzo Di Domenico che con l’aiuto di altre due persone, Rosario Salomonte e Giuseppe Toto, trasportano e poi nascondono il corpo di Landi su una spiaggia di Licola. Pianese, consapevole di non poter restituire l’anticipo a fronte delle insistenti e incalzanti richieste dell’assessore che aveva intuito l’inesistenza dell’immobile al centro delle trattative, organizza l’omicidio. Escogita la trappola fissando l’appuntamento della morte. Al primo tentativo fallisce, l’assessore non è da solo. Al secondo, invece, i colpi in canna per Roberto vengono esplosi. A quell’uomo che minacciava di denunciarli e di non volersi piegare al sistema malato della camorra e malaffare viene impedito per sempre di parlare. Uno stereo ad alto volume per coprire gli spari e un telo a terra per il sangue sono gli elementi del macabro quadro della fine che gli hanno riservato. Questo violento lutto ha creato un dolore che i familiari non riescono a mettere tacere, anzi, la moglie gli ha fornito le parole.
Amore, forza, dignità e orgoglio hanno presidiato le risposte dell’autrice.
Che persona era Roberto Landi?
<<Roberto era un uomo; un essere umano con tutte le sfaccettature che tale definizione comporta, difetti compresi. Di base era una persona altruista, un buono, per cui qualsiasi discussione, dalla più banale alla più seria sia in famiglia che fuori le affrontava nel rispetto degli altri. La sua sensibilità, cosa rara negli uomini, e la sua buona educazione gli impedivano di offendere e travalicare gli altri ma di certo non era uno” che le manda a dire”. Si fidava troppo, era geneticamente un uomo d’altri tempi, tempi in cui la stretta di mano o la parola data suggellavano un accordo. Il centro medico di famiglia di cui si occupava a tempo pieno, oltre a essere la sua occupazione rappresentava anche il mezzo pratico e concreto ” per dare una mano alla gente” (era questa una sua espressione tipica che usava quando i nostri figli e io ci lamentavamo per i suoi ritardi o delle sue assenze) agli “invisibili”, quelli che non hanno i parenti e gli amici medici, quelli che fanno file interminabili nelle ASL e negli ospedali per essere poi appena considerati>>.
Le istituzioni come hanno reagito?
<<Il comune di Villaricca si è costituito parte civile nel processo, ha anche dato il suo nome a una strada>>.
Quando gli assassini sono stati condannati come ha reagito?
<<La giustizia che non arriva moltiplica il dolore. Ho provato una sorta di sollievo sul momento, poi non ci ho pensato più. Avevo altro di cui occuparmi dato che la vita della mia famiglia era andata in frantumi. Non avevo né l’indole né l’energia necessarie per odiare o per gridare vendetta. Chi commette certi delitti non si salva in nessun caso, precipita a peso morto trascinato dalla vita che ha falciato in un baratro senza ritorno. Insieme alla Vittima e alla sua famiglia, per una sorta di effetto domino crollano le mogli, i figli, i genitori, i fratelli degli assassini. Insieme alle Vittime i carnefici non muoiono, ma non hanno più vita>>.
“I giorni dell’assenza”, il libro nato da una tragedia personale oltre che sociale. Lo scopo è quello della condivisione di una dolorosa e inguaribile ferita o un messaggio di speranza?
<<Entrambi, lo scopo è duplice. Con il racconto di una famiglia dall’interno, dopo un lutto di difficile elaborazione, ho voluto che questo dolore potesse essere visto, toccato, non solo immaginato. Ho voluto mostrare i guasti orribili, l’aspetto più crudele del male che può esser percepito solo attraverso gli effetti concreti e quotidiani che genera. Il messaggio di speranza sono i miei figli dal cui dolore è germogliata la progettualità per i loro studi. Il messaggio di speranza sono io che troppe volte ho temuto di perdermi nella follia e nell’autodistruzione e, invece, sono ancora qua con il sorriso e con l’amore per la vita. Il dolore ci ha piegato duramente, ma non è riuscito a spezzarci. Così è stato per noi, così può essere per tutti coloro che si trovano attanagliati dalle spire della disperazione. Non è facile, ognuno deve trovare la propria strada da solo, ma non è impossibile>>.
Quando presenta il suo libro, che reazione ha dal pubblico o dagli stessi lettori?
<<Mai avrei sperato tanto! Dalle parole dei lettori, da quelli che partecipano alle presentazioni, da ciò che mi scrivono mi rendo conto che il messaggio arriva forte e chiaro; il male e il dolore sono concreti, tangibili, tutti ne possono fare esperienza diretta pur senza essercene passati personalmente. Sarà forse, così, meno facile girare la testa dall’altra parte quando qualcosa non ci colpisce direttamente; sarà forse più forte la mobilitazione per tentare, quanto meno, di arginare il male partendo da ciò che ognuno può fare nel proprio microcosmo familiare e lavorativo, non con le parole ma con i comportamenti di rispetto, di considerazione, di abnegazione, di amore, di allegria e limpidezza nei confronti dei figli, dei compagni di vita, dei colleghi, degli amici. La società siamo noi, non è qualcosa di astratto, come il dolore del resto. Tutto ciò che è astratto è più semplice da ignorare, noi uomini siamo di carne, sangue e ossa, non possiamo venire ignorati, non possiamo e non dobbiamo permettere che ci si possa cancellare con un colpo di spugna>>.
Maria Rosaria Cardenuto
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